ALESSANDRO LUPORINO | INTERVISTA
PARLANDO DI ME
Su di me non c’è poi molto da dire. Sono un ragazzo qualunque che si trova a vivere in un periodo storico che aborrisce qualsiasi espressione individuale intesa come manifestazione dell’essere. Per chi ama il disegno o l’arte in generale questo, io credo, non sia più quindi voglia di comunicare, ma necessità di costruire una propria intimità. Per me il disegno è sempre stato una droga, mi tiene attaccato alla realtà con il semplice scopo di alterarla e creare i miei mondi. Ma forse sto andando fuori tema. Sono Alessandro, ho ventisei anni, sono un architetto e come molti dei miei coetanei non so dove sto andando.
STILI MOLTEPLICI
Definirei il mio stile grafico in una parola, ‘denso’, come mi è più volte stato detto. Un’insieme eterogeneo di elementi della memoria che poi sono quelli che influenzano la mia produzione. Elementi semplici che mi colpiscono durante il giorno e che come un flusso getto sulla carta. Le influenze sono molteplici e se si guarda bene ogni singolo lavoro le si riesce anche a cogliere. Alle volte sono così palesi da essere al limite con la copia. La copia è un fondamentale momento di crescita, uno dei pochi strumenti che abbiamo per migliorare e imparare lezioni di altri, facendole nostre. In particolare, mi accorgo di quando un lavoro sta volgendo al termine semplicemente riguardando la sequenza dei miei disegni. Cambia il tratto, lo stile, il modo di rappresentare degli oggetti e l’uso del colore. E’ un processo naturale. Quello è il momento per iniziare qualcosa di nuovo.
IL DISEGNO IN QUANTO MANIFESTAZIONE DELL’IDEA DI PROGETTO
Credo non esista più un legame tra architettura e disegno inteso in senso tradizionale. Il disegno non è più manifestazione di un’idea, la sua comunicazione, ma uno strumento utilizzato ex post per convincere con schemi e viste ammalianti chi di architettura non capisce niente. Infatti forse per questo nemmeno più di architettura può parlarsi, ma di semplice e puro marketing. Quindi il disegno non è più propedeutico all’architettura, perché essa stessa è diventata puro disegno, privo di logica e contenuti. In questo vuoto il ruolo del disegno dovrebbe essere quello di ricostruire un ragionamento sull’architettura, solcando la tradizione delle grandi utopie. Il disegno è architettura. Per quanto detto, nella realtà attuale il disegno non ha un ruolo concreto nell’ideazione del progetto, ma solo nella sua comunicazione. Questo deve essere invece, come è sempre stato, il primo atto della nascita di un progetto. Il disegno è la manifestazione dell’idea di un progetto. Questo deve fissare con chiarezza le proprie intenzioni. E’ la base su cui si fonda il progetto, che non vuol dire tradurre in costruzione quello che è il disegno, ma appunto fissare quelli che sono gli assunti alla base della sua costruzione.
RICORDI NEL TASCHINO
In realtà, non ci sono illustrazioni o immagini che porto sempre con me, nella mia memoria, né di altri né tantomeno di mie. Fondamentalmente sono capace di amare quello che faccio solo il tempo di averlo fatto. Dopo subentra l’indifferenza. Sostanzialmente non apprezzo quello che faccio. Forse l’unico disegno che un minimo ho il piacere di rivedere è il numero 41 della serie Q_set. Non per un motivo specifico di bellezza artistica, ma semplicemente perché mi ricorda un bel fine settimana a Roma.